Amanda Bliss – Capitolo VI

Stanotte ho fatto un sogno erotico e mi sono svegliata tutta bagnata e eccitata.
Ero una giovane donna della fine dell’ottocento e mi trovavo in una grande camera da letto in compagnia di una bellissima donna della mia stessa età. Il suo odore, i suoi occhi chiari e intellligenti mi trasmettevano pace. Mi scioglievo sotto le sue mani candide e lei mi guidava, calma ma risoluta, nel mondo dell’amore saffico. La sua bocca sulla mia, il suo seno contro il mio. La sua lingua nella mia fica, le mie mani sulle sue natiche. Tutto lieve, liscio, naturale, femminile.
L’armonia, la facilità con cui ci amavamo aveva del prodigioso. I nostri corpi immacolati si fondevano in un unico corpo, magnifico e mutevole, animato dalle nostre voglie speculari e concentriche. Mi sentivo come dentro un dipinto dinamico, un’opera d’arte viva.

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Credo di ever raggiunto l’orgasmo almeno due volte. Il letto è ancora umido e profuma di me. Mi alzo, oggi è il gran giorno, non ho tempo per interpretare il sogno.

Ho passato l’intera giornata a pensare a questo incontro con Parker e ora che ce l’ho davanti la mia mente è fredda, lucida, so con precisione che cosa devo fare.
Mi apre lo sportello e sono nella sua automobile che puzza di hot dog, fumo e arbre magique. Sto per vomitare, ma mi trattengo. Spero che Josè riesca a seguirci.
Arriviamo davanti a un residence di terz’ordine. La garçonnière del capitano è al primo piano, perfetto.
Appena chiusa la porta lui mi afferra da dietro con violenza e mi sbatte sul letto. Vuole avermi con la forza, vuole stuprarmi anche se sono consenziente. Mi piace. Sento e vedo tutto il suo desiderio, covato da due giorni, esplodere in gesti rudi, animaleschi.
Si toglie i vestiti in un baleno: è in piena erezione. È ben dotato lo sbirro.
Mi apre le gambe e coglie il mio fiore con le labbra e la lingua. Poi lo apre con il suo cazzo.

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Adesso mi si mette dietro e me lo infila tra le cosce strette per poi salire, sfiorare il clitoride e approdare fra le mie natiche aperte e accoglienti.
Mi sta inculando come se fosse l’ultima cosa che farà. Che intuito! Da vero poliziotto.

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Fare sesso con il capitano mi sta piacendo, mi dà brividi mai provati prima. L’idea che l’uomo che mi sta chiavando tra poco sarà morto mi esalta, mi fa sentire partecipe di una cosa irripetibile, unica, definitiva.
Sento le scariche di adrenalina irradiarsi per tutto il mio corpo nudo e penetrato, violato, aperto, splendente di lussuria e portatore di morte.

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In pochi istanti si consuma la tragedia: Josè irrompe dalla finestra, io faccio un balzo indietro e lui spara due colpi al capitano completamente nudo e con il cazzo ancora dritto e umido dei miei sinceri umori. Mi ha scopata a dovere. Era un ottimo amante, era.
Siamo seduti sul marciapiede, Josè ed io, in silenzio. “Lo abbiamo fatto.” Seguito a ripetermi mentalmente.
Sono ancora bagnata. L’omicidio a cui ho assistito non ha placato la mia voglia, anzi direi che l’ha accresciuta. Scivoliamo dietro l’angolo e ci infiliamo in un negozio abbandonato da anni che è già stato teatro esclusivo delle nostre effusioni hard core.
Sono di nuovo interamente nuda e sto cavalcando Josè agganciata per la fica dal suo lungo corno nero. Mi arriva fino al cervello, lo sento tra le orecchie.

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Essere pentrata così a fondo mi procura, ogni volta, un dolce senso di morte, qualcosa vicino al distacco dell’anima dal corpo. Mi vedo dall’esterno, mi osservo e la mia mente si svuota di ogni pensiero, raggiungo l’illuminazione, lievito. Incornata ma libera.

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Raggiungo i limiti estremi del piacere fisico per volare, librarmi, finalmente, come puro spirito. In questi momenti il mio essere, la mia essenza profonda è scevra da ogni costrizione terrena, sono assoluta, sono io.
L’incanto dura troppo poco, dopo un fantasmagorico orgasmo metafisico, ripiombo nella cupa realtà che mi vede legata a doppio filo a questo giovane delinquente dal cazzo terapeutico. (Continua)

Illustrazioni di Marco Nizzoli e Horacio Altuna

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